Dal Nostro Inviato Speciale
Massimo A. Alberizzi
17 gennaio 2014
Non poteva restare una guerra civile tra le mura di casa quella scoppiata in Sud Sudan tra il presidente Salva Kiir Mayardit e il suo vice defenestrato nel luglio scorso Riek Machar Teny. Accanto ai contendenti, i cui eserciti se la stanno dando di santa ragione, stanno scendendo in campo truppe straniere. L’Uganda ieri ha ammesso che un battaglione del suo esercito è sceso a dare man forte ai governativi.
L’annuncio è arrivato dopo che il presidente Salva Kiir, avendo grosse difficoltà sul terreno, si era rivolto al presidente sudanese che era volato immediatamente a Juba per colloqui. Era stata ventilata la formazione di una missione militare congiunta per difendere le zone petrolifere sud sudanesi dagli attacchi ribelli. L’annuncio non dev’essere piaciuto per nulla a Kampala che infatti poco dopo ha inviato i suoi soldati per proteggere il regime di Salva Kiir, ritenuto fino a una decina di giorni fa un po’ traballante.
L’annuncio della presenza di truppe ugandesi accanto all’esercito sud sudanese per riconquistare Bor, è stato dato ai giornalisti da Paddy Akunda, forse il portavoce militare più conosciuto di tutta l’Africa orientale, ben conosciuto da tutti i giornalisti che hanno bazzicato la Somalia negli ultimi anni. Akunda ha confermato che l’invio del contingente militare è stato deciso dallo stesso presidente ugandese Yoweri Museveni.
Poco prima altri generali avevano seccamente smentito la presenza di truppe ugandesi, che al massimo erano entrate in sud Sudan solo per aiutare a evacuare i civili e a prestare soccorso alle popolazioni sotto le bombe.
La città di Bor è passata di mano più volte dall’inizio delal guerra civile cominciata il 15 dicembre. Ora è circondata dai governativi e dagli ugandesi che tentano di sfondare le linee senza riuscirci.
Il coinvolgimento ugandese rischia di trascinare in guerra altri Paese della regione. Pochi giorni fa quando si erano diffuse le prime voci di truppe di Kampala a fianco dei governativi il primo ministro etiopico Hailemariam Desalegn aveva smentito perché un simile intervento “sarebbe stato assolutamente ingiustificato”.
Massimo A. Alberizzi
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