ESCLUSIVO/Com’è cominciata la guerra civile in Sud Sudan

Massimo A. Alberizzi
27 dicembre 2013
Ma cosa è successo esattamente domenica 15 e lunedì 16 dicembre a Juba? Qual è stata la scintilla che ha fatto scattare la guerra tra il presidente Salva Kiir Mayardit e il suo ex vicepresidente Riek Machar Teny? Africa Express ha investigato e chiesto informazioni a fonti di vario orientamento. Questo è quanto emerso.  La sera del 15 dicembre a Juba era stata indetta una riunione dei dirigenti dell’SPLA/M (Sudan People’s Liberation Army/Movement), il partito di Salva Kiir e di Riek Machar, al potere.

Durante la discussione – presenti il presidente e il suo ex vice – nascono profonde divergenze di vedute e di impostazioni. Il dibattito, cui partecipa Rebecca Nyandeng de Mabior, la vedova di John Garang, il padre dell’indipendenza del Sud Sudan morto in un incidente di elicottero, si inasprisce. Si intensificano anche le critiche (compresa quella di Rebecca Nyandeng e di altre personalità dinka) rivolte a Salva Kiir, il quale, durante la discussione, ordina di disarmare la sua guardia presidenziale, il potente e temuto Tiger Battalion (Battaglione Tigre), dal berretto rosso, di cui fanno parte sia militari dinka, la tribù di Salva Kiir, sia nuer, di Riek Machar.

I soldati consegnano le armi ma dopo un po’ viene ordinato di riarmare solo le guardie dinka. I nuer se ne accorgono e reagiscono. Cominciano i primi scontri, limitati e circoscritti. I nuer hanno la meglio e si impadroniscono della santabarbara alla periferia di Juba. Lunedì arrivano i dinka e sloggiano gli ammutinati. E’ la prima vera battaglia che immediatamente coinvolge anche i civili.

Partono i regolamenti di conti, le esecuzioni sommarie, gli omicidi mirati e i massacri indiscriminati. E inizia l’esodo dei civili, che temono ritorsioni e violenze senza nessun motivo apparente e che si rifugiano nel quartier generale delle Nazioni Unite. Quando qualcuno abbandona la sua casa, in Africa non la rivede più. Come le cavallette arrivano immediatamente i saccheggiatori, magari anche i vicini di casa, a razziare tutto quel che possono.

La notizia dei disordini si diffonde a macchia d’olio in tutto il Sud Sudan e i vecchi rancori tra le due comunità esplodono. Non solo nella capitale, ma anche alla periferia del Paese, specie nelle zone dove durante i lunghi anni di guerra civile ci sono stati scontri tra le varie componenti (leggi tribù) dell’SPLA. Probabilmente neppure Salva Kiir immaginava le tragiche conseguenze di quell’ordine impartito di disarmare le guardie. E neppure Riek Machar si aspettava la polizia a casa sua, con l’intenzione di arrestarlo. Infatti scappa e si nasconde (ho promesso di non posso rivelare dove) pochissimi minuti prima dell’arrivo degli agenti.

Tra l’altro la presenza di uomini in uniforme nella sua abitazione (probabilmente alle prime luci dell’alba di lunedì) fa credere ai suoi seguaci che Riek sia stato veramente arrestato. La notizia – falsa – si diffonde immediatamente e i nuer reagiscono attaccando i dinka, che a loro volta si difendono contrattaccando.

Ovviamente nessuno saprà se realmente c’è stato un tentativo di colpo di stato, smontato sul nascere dal governo, o se Salva Kiir si sia inventato il golpe per poter colpire, con quel pretesto, l’opposizione.

Se però Riek avesse veramente tentato di impadronirsi del potere con la forza, non avrebbe incominciato il putsch assalendo la santabarbara alla periferia di Juba, ma avrebbe attaccato direttamente i palazzi del potere: governo, parlamento e radio televisione. Per altro se Salva avesse premeditatamente voluto simulare il golpe per abbattere la mannaia su Riek, avrebbe arrestato direttamente e immediatamente il suo ex vice alla riunione della SPLA e solo dopo avrebbe riarmato i dinka della sua guardia presidenziale.

Dev’essere accaduto qualcosa di imprevisto che ha fatto scattare la decisione di ricorrere alla violenza bruta e indiscriminata per bloccare l’avversario. Forse un’incomprensione, un misunderstanding, come aveva ipotizzato qualcuno subito dopo lo scoppio delle ostilità. Ma da quel momento come una palla di neve che rotola lungo il crinale di una montagna, gli scontri si sono demoltiplicati passando da scaramucce a una vera guerra civile, cioè, usando la metafora, trasformandosi in una gigantesca slavina.

Massimo A. Alberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com
twitter @malberizzi

Questa la testimonianza di Peter Advok Nyaba (nella foto), ex ministro dell’educazione superiore del Sud Sudan, a Radio Tamazuj. Advok fa parte della tribù shilluk, critica verso Salva Kiir ma che in questo frangente sembra sia rimasta neutrale. Uno dei leader degli shilluk, Pagan Amun Okech, era segretario generale dell’SPLA/M ma il 23 luglio scorso un decreto presidenziale lo ha sospeso dall’incarico.

“Not a coup plotted by his opponents, but a presidential order to disarm Nuer soldiers within the presidential guard triggered the mutiny against Salva Kiir that led to the growing chaos in South Sudan”, says the former Minister of Higher Education Peter Adwok.

Mr Advok has provided a detailed account of how the fighting started leading to the current chaos. In a just published narrative he writes about last Sunday evening 15 December after the meeting of the National Liberation Council had failed.

Even before the closing of the meeting the president told one of the army commanders to disarm his soldiers of the so-called Tiger Battalion: “The information we got is that President Kiir ordered Major General Marial Ciennoung to disarm his soldiers.”

“Marial was at the closing session of the NLC. He left the scene immediately and called for a parade of the Tiger Battalion. He briefed the troops and ordered them to surrender their arms. They obeyed and executed the orders and dispersed.”

“Now in a mischief, the officer in charge of the stores opened the stores and rearmed the Dinka soldiers. A Nuer soldier, who happened to be nearby questioned this. A fistfight ensued between the two attracting the attention both the commander and his deputy to the scene.”

“They now could not control the situation as more soldiers came in and broke into the stores. The fight ensued and the Nuer soldiers managed to take control of the headquarters… It was in the morning (Monday) that SPLA reinforcement came in and dislodged the mutineers. This can later be verified and the truth will come out,” Adwok narrates.

Adwok explains how the issue became tribal: “Military doctrine dictates that once a contingent of mutinous troops have been dislodged, appeal is made for their surrender and then disarmed. Those who remained loyal (to the president) are also disarmed to prevent bad blood.”

“The loyal troops of Tiger, hailing mainly from Warrap and Aweil, have not been disarmed. In fact, they are the ones rampaging Juba, looting and shooting to kill any Nuer in the residential neighbourhoods,” Adwok claims.

The senior and aged politician heard yesterday that he is also on the list of wanted politicians. “This may be my last contribution, because, as I said, I’m waiting for the police in order to join my colleagues in detention.”

As of Wednesday afternoon he seemed still to be still at large”

Dispatch of Radio Tamazuj

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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