Sudan, Bashir libera il suo oppositore storico Hassan Al Turabi

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Dal Nostro Inviato Speciale
Massimo A. Alberizzi
Nairobi, 9 marzo 2009

Hassan al Turabi, l’ideologo islamico ex alleato del presidente sudanese Omar Al Bashir al momento del colpo di Stato che lo portò al potere il 30 giugno 1989, è stato liberato stanotte alle 23 dalla prigione di Port Sudan. Alle 3 del mattino un aereo militare l’ha riportato a Khartoum. Turabi è tra i più fieri oppositori del regime militare sudanese ed era stato messo in manette per l’ennesima volta il 14 gennaio dopo aver dichiarato ai giornalisti che «Al Bashir farebbe bene a consegnarsi al tribunale internazionale per evitare altre sofferenze al Paese e alla sua popolazione». Considerato dagli americani un vicino ad Al Qaeda o comunque ai fondamentalisti radicali, Hassan Al Turabi è l’unico leader politico sudanese che gode di un prestigio e di un’autorevolezza tali da poter impensierire politicamente Bashir e i suoi amici. Le sue opinioni – rilasciate in diverse interviste al Corriere della Sera – non sono per nulla integraliste, ma piuttosto liberali, naturalmente visto il contesto islamico e sudanese. Turabi, 77 anni nel febbraio scorso, ha studiato alla Sorbona di Parigi e a Londra e parla correntemente francese e inglese. E così le sue tre figlie che non solo non usano il burqa ma coprono il capo con un velo leggerissimo che lascia intravedere capelli e collo.

Hassan Al Turabi con Massimo Alberizzi durante un’intervista tre anni fa

LA MOGLIE: «SONO FELICE» – Al telefono di casa Turabi risponde la moglie Wisal, sorella di un altro leader politico sudanese, Sadiq Al Mahadi, primo ministro al momento del colpo di stato di Bashir. «Siamo felicissimi anche se non sappiamo perché è stato rilasciato. Per altro non abbiamo mai saputo perché è stato imprigionato. Non gli sono mai state rivolte accuse specifiche. Mio marito è stanchissimo e dorme. Ha i postumi di una brutta polmonite. Gli hanno ridato anche il passaporto», conclude con un ottimo inglese.

LA SCELTA DI BASHIR – Con la liberazione del suo più acerrimo nemico, Bashir tenta di blandire l’opinione pubblica islamica. Con il viaggio in Darfur di domenica ha voluto sfidare la Corte Penale Internazionale che ha spiccato un mandato di cattura contro di lui. Ha così ribadito che è in controllo della situazione. La scarcerazione di Turabi invece è una mossa per ammorbidire l’opposizione interna, soprattutto islamica, ma anche politica; quella della setta Ansar e del suo braccio operativo, il partito Umma, dell’ex primo ministro Sadiq Al Mahadi, e quella del partito-setta Khatmia dell’ex presidente Osman Al Mirghani. Sadiq e Mirghani sono stati cacciati da Bashir con il colpo di stato del 1989 che lo portò al potere. Il presidente oggi può fidarsi ciecamente solo della tribù dei Giaali, la sua, che vive a nord di Khartoum. La Corte Penale Internazionale probabilmente non riuscirà mai a arrestare il leader incriminato, finché rimane capo dello stato. Ma se dovesse esserci un cambio di regime, forse le cose per lui potrebbero mettersi male.

Massimo A. Alberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com
twitter @malberizzi

09 marzo 2009 (ultima modifica: 10 marzo 2009)

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