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Tecniche sovietiche di avvelenamento: “L’Eritrea è un inferno, il mondo intervenga”

Dal Nostro Inviato Speciale
Massimo A. Alberizzi
Stoccolma, 8 agosto 2004

Il certificato dei medici di Amsterdam spiega con scioccante semplicità e chiarezza: “Abbiamo estratto dal cranio di Negassi Tsegay, dov’ era impiantata all’ altezza dell’ orecchio destro, una minuscola ampolla che rilasciava lentamente un veleno micidiale”. Una tecnica imparata negli anni in cui i guerrigliere eritrei erano appoggiati dall’Unione Sovietica, dove seguivano corsi d’addestramento. Se gli specialisti che l’hanno visitato non se ne fossero accorti il paziente sarebbe morto senza che nessuno capisse perché. Negassi è eritreo e ora vive a Stoccolma. Nel suo Paese ha partecipato alla guerra di liberazione, è stato ferito e dopo l’indipendenza lavorava nell’ ufficio del presidente Isayas Afeworki.

“Quando mi accorgo che il regime diventa sempre più repressivo mi dimetto”, racconta con la voce scossa da un tremito. Un “tradimento” che i dirigenti non tollerano. “Mi arrestano mi pestano, mi torturano. Finché, dopo un anno, mi propongono: ‘Vai in televisione, accusa di tradimento i 15 dirigenti attualmente in galera; dì che hanno preso soldi dall’ ambasciatore italiano, Antonio Bandini, e sono spie dell’ Etiopia e noi ti rilasciamo’”.

Lui cerca di resistere ma è prostrato, fisicamente e psicologicamente. Così accetta la parte del delatore. Viene scarcerato, portato in ospedale dove lo operano all’orecchio, al timpano lacerato dalle botte. E’ in quel momento che i medici militari di Asmara gli impiantano la micidiale fiala. L’avrebbe ucciso 21 giorni dopo il programma televisivo. “Uscito dall’ ospedale avrei dovuto imparare la mia parte a memoria – ricorda Negassi -. False accuse contro i 15 dissidenti, eroi della guerra di liberazione, che nel settembre 2001 hanno firmato un documento in cui chiedono democrazia, elezioni, libera stampa”. Tra loro Petros Solomon, ex braccio destro di Isayas Afeworki, Hailè Wondelsaye, ex ministro degli Esteri, Mohammed Sharifo, ex ministro degli Interni, arrestati (e da allora scomparsi in una galera del regime) dalla Hagerawi Dehnet, la polizia segreta, pochi giorni dopo la firma. Non è previsto alcun processo.

“I 15 godono della simpatia popolare. Sarebbero stati screditati e con loro l’Italia e il suo ambasciatore (allora c’era Antonio Bandini), accusato di difendere i dissidenti e di chiedere con insistenza il rispetto dei diritti umani”, spiega l’ ex guerrigliero che conclude il suo racconto: “Sono salvo per miracolo. Un paio di giorni prima della trasmissione, già annunciata con enfasi, riesco a scappare. In Europa sto male e i medici scoprono la condanna a morte, per lento avvelenamento, cui ero destinato”.

Una volta venerato come un dio dalla diaspora eritrea nel mondo, il presidente Isayas Afeworki ora è profondamente odiato. Le sue carceri sono piene di dissidenti, giornalisti, studenti, intellettuali e ha instaurato nel suo Paese un vero e proprio regime del terrore, con una società militarizzata.

Nonostante ciò, in Italia Afeworki e assai apprezzato: Berlusconi, lo ospita nella sua villa in Sardegna, il presidente della Lombardia, Roberto Formigoni, lo accoglie assieme al consigliere di An, Piergianni Prosperini, e il governatore delle Marche, Vito D’ Ambrosio, di centrosinistra, invita gli imprenditori della sua regione a investire in Eritrea.

Massimo A. Alberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com
twitter @malberizzi

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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